La famiglia Cotugno de Toledo di origine spagnola, baroni di Frisia e di S. Apollinare, giunge a Taranto sul finire del XVI secolo e viene aggregata al patriziato tarantino nel 1638. Giuseppe Cotugno fu sindaco di Taranto nel 1666 e nel 1676, anno in cui fu tra i committenti, insieme al Capitolo metropolitano, dell’altare della cappella di S. Cataldo, nella chiesa cattedrale di Taranto, la cui realizzazione venne affidata al celebre marmoraro di Massa Carrara Giovanni Lombardelli.
La famiglia si insediò subito in un maestoso palazzo su via Duomo dove Pietro il nuovo barone di S. Apollinare che abitava con tre figli, due sorelle e numerosi servitori morì nel 1760, ancora in giovane età; la sua vedova la baronessa Maddalena Franceschelli, per tutelare gli interessi del figlio minore, fece redigere un dettagliato inventario che oltre a darci un’idea della consistenza dell’immobile ci permette di curiosare tra mobili e suppellettili di casa: circa dieci stanze tra inferiori e superiori, in cui fanno bella mostra di sé mobili con lo stemma di famiglia e quadri di grande valore, minutamente descritti nella fattura, nei colori e nelle dimensioni; come sempre, nell’anticamera della galleria, numerosi ritratti a grandezza naturale di antenati che avevano dato lustro alla famiglia: un vescovo, un gran Priore di Lombardia e cavaliere gerosolimitano e personaggi importanti come l’arcivescovo Caracciolo.
Per soddisfare i numerosi creditori la baronessa, nel 1775, dovette vendere all’asta il suo palazzo che fu acquistato, per 3160 ducati, da Giacinto de Sinno, potente commerciante di grano e olio che intratteneva rapporti commerciali “tanto con nazioni estere che regnicole”; il suo erede Giuseppe, qualche anno dopo, acquistò dai padri del convento di S. Teresa il palazzo confinante costituito da 9 camere tra primo e secondo piano, sala, cucina cantina e botteghe. Demolì entrambi i palazzi per costruirne uno più grande, circa 50 vani tra piano terra, primo secondo e terzo, ammezzati e botteghe, in una posizione invidiabile. Ne affidò il progetto all’ing. Giovanni Mastropasqua, il padre del celebre Giuseppe autore di diverse opere nel territorio di Bari, e la demolizione e riedificazione ai capi mastri muratori Omobuono Basile e Pasquale Pugno.
La storia tormentata del palazzo segue quella dei suoi proprietari: i De Sinno, che nel corso del Settecento avevano accumulato una fortuna nel campo del commercio, tanto da prestare ingenti somme alla maggior parte degli aristocratici tarantini, da acquistare numerose masserie e da acquisire gli interi feudi di Statte e Sava, nel 1811 fallirono e il palazzo venne acquistato all’asta dal conte Bonifacio De Notaristefani, famiglia che ne ha conservato il possesso fino a qualche anno fa.
Inventario dell'eredità di don Pietro Cotugno de Toledo
1761 maggio 6, Taranto
ASTA, Notaio PIGNATELLI DIEGO GENNARO, scheda 190, anno 1761, cc. 125r-141v
Inventario delle proprietà del barone di S. Apollinara don Pietro Cotogno de Toledo, morto il 15 agosto 1760 ad Ortona, in favore di suo figlio, barone Cesare Luigi Cotogno de Toledo. Nel testamento, aperto il 3 settembre 1760, la vedova baronessa donna Maddalena Franceschelli, viene nominata tutrice e legittima amministratrice delle proprietà fino al compimento del diciottesimo anno d’età dell'erede universale.
Trascrizione di parte del documento
Si è ritrovato in detta eredità li seguenti beni, de’ quali ne ha richiesto, che ne facessimo pubblico inventario e li medesimi da me Regio Notaio si sono distintamente descritti, quali sono:
In primis un palazzo in più, e diversi membri superiori ed inferiori consistente, sito dentro questa città nel pittaggio di S. Pietro, isolato da più lati e confinante col suddetto Venerabile Collegio de’ Padri Giesuiti e colla casa palaziata delle magnifiche sorelle de Passiante vicino al Venerabile Monastero di S. Chiara di donne monache; nel qual palazzo vi sono i seguenti mobili.
Dentro la sala
Cinque carte geografiche grandi colle loro cornici.
Quattro quadri di circa palmi quattro di lunghezza con pitture di fiori e frutta con le di loro cornici tinte nere.
Due quadri di smorfie dell’altezza di circa palmi due e mezzo con cornici colorite.
Nella camera attaccata alla cucina, frontespizia all’antecamera
Cinque quadri grandi, cioè uno coll’effigie di S. Maria del Carmine, S. Francesco di Paola e S. Francesco Saverio senza cornice; l’altro coll’efficie di S. Giuseppe senza cornice; l’altro della Vergine Addolorata con cornice imbrunita con quattro coccie indorate e l’altro di S. Gennaro colle cornici nere.
Un altro con l’Ecce Homo con sua cornice bianca.
Ed altri quattro quadretti con cornici.
Nella suddett’antecamera, che divide la Galleria col quarto della parte del Collegio de’ Gesuiti:
un quadro grande della lunghezza di palmi otto e mezzo circa col ritratto dell’intiero personaggio della fu baronessa donna Caterina Cotogno fu madre di esso defunto barone don Pietro, ed ava del detto sig. barone don Cesare Luiggi con cornice imbrunita ed indorata.
Un ritratto di monsignore Caraccioli fu arcivescovo di Taranto, dell’altezza di palmi cinque circa con cornice indorata.
Un altro ritratto della fu donna Giovanna Capece dell’altezza di circa palmi cinque con cornice indorata ed imbrunita nera nel di lei mezzo.
Un altro ritratto del cavaliere don Giulio Cotogno di palmi quattro e mezzo di altezza con la cornice indorata e nera.
Altro ritratto della fu donna Costanza Cotogno dell’altezza di palmi cinque colla cornice simile all’altra.
Più il ritratto del fu don Ottavio Cotogno dell’altezza degl’altri e con simile cornice.
Un ritratto del vescovo fu don Annibale Cotogno dell’istessa altezza e simile cornice.
Un altro ritratto del defunto don Cesare Cotogno fu Gran Priore di Lombardia e cavaliere gerosolimitano della medesima altezza e con simile cornice.
Nella Galleria
Sette quadri di campagnole nuovi di buona e fina pittura di lunghezza palmi quattro e mezzo circa, essendo bislunghe con le di loro cornici indorate con fili neri all’estremità ed in mezzo, tutti sette uguali.
Altri quattro quadri nuovi di campagnole della lunghezza di circa palmi quattro e palmi due e mezzo circa di altezza, anch’eguali e colle cornici velate ed intagliate.
Altri due quadri di battaglie nuovi poco più grandi delle suddette quattro campagnole, anche con cornici.
Più dodeci specchia vini con cornici lavorate a guisa di quadretti intagliate, indorate e le cornicette vicino ai lumi mescolati con colore verde velato.
Quattro quadri di pariglia, tutti con cornici intagliate, perforate ed intagliate ed indorate di velatura con istorie sacre cioè di Tobia con tre figure, il primo; il secondo della benedizione di Isacco con tre altre figure; il terzo con due figure di un maschio ignudo, che tiene una donna; il quarto con due figure di un maschio ed una donna.
Quattro quadretti rotondi di cartapista con campagnole alla chinesa, colle cornici indorate da dentro e fuori ed in mezzo torchine imbronite.
Altri sei quadri nuovi, tutti dell’altezza di palmi due con cornici intagliate e velate e con pittura fine.
Dentro la camera appresso della Galleria
Un quadro grande di palmi otto circa d’altezza coll’efficie della Vergine Santissima e S. Giuseppe che dimostrano lo sposalizio.
Un altro quadro dell’altezza di palmi sette e mezzo circa, coll’effigie di S. Eustachio e colla cornice parte indorata e parte imbrunita, simile alla cornice del suddetto quadro dello sposalizio.
Altri quattro quadri di pariglia coll’istorie dell’antica legge, lunghi palmi due e mezzo con cornici indorate ed intagliate.
Un altro quadro di S. Chiara, S. Francesco e il Bambino di palmi sei circa di altezza e simile di lunghezza con cornice indorata e intagliata.
Due altri quadri di pariglia, ambedue nuovi e colle cornici indorate e nere in mezzo, dell’altezza di circa palmi cinque, uno col ritratto del Venerabile Padre Francesco Di Geronimo gesuita e l’altro del Padre Rafaele Manca anco gesuita.
Un altro quadro della morte di S. Giuseppe di palmi tre circa di altezza con la cornice indorata.
Altro quadro della Vergine Santissima col Bambino in braccio, dell’altezza di palmi due e mezzo circa, colla cornice indorata ed imbrunita torchina.
E nelle due retrocamere vi sono sedeci quadretti e due mezzani ed un altro di fiori di palmi due.
Nell’ultima camera di detto quarto, che corrisponde alla strada pubblica
Un quadro grande coll’istoria del martirio di S. Caterina della lunghezza di palmi nove circa colla cornice parte indorata e parte imbrunita.
Due quadri di pariglia di palmi quattro e mezzo circa d’altezza, uno della Vergine Santissima e S. Felice col Bambino in braccio e l’altro di S. Pasquale colle cornici parte indorate e parte imbrunite.
Un altro dell’Ecce Homo colla cornice simile, dell’altezza di palmi quattro.
Due altri quadri di pariglia coll’istorie sacre, della lunghezza di palmi tre circa, colle di loro cornici intagliate ed indorate.
Un altro quadro della Vergine col Bambino e S. Giovanni, dell’altezza di circa palmi cinque colla cornice indorata da dentro e fuori ed in mezzo imbrunata.
Un altro di S. Giambattista con altre figure e boscagli e col ritratto del cavaliere don Giulio Cotogno di età puerile, dell’altezza di palmi otto circa e colla cornice indorata ed imbrunita.
Ed un altro quadro di palmi due e mezzo di lunghezza coll’efficie di S. Francesco di Paola con cornice indorata ed imbrunita.
Nell’anticamera dalla parte del Collegio de’ Padri Gesuiti, che tiene la loggia di rimpetto al mare
Sette quadri tutti di pitture antiche, alti palmi cinque circa colle di loro cornici intagliate ed indorate, cioè uno della Vergine e S. Giuseppe col Bambino, l’altro di S. Geronimo, l’altro di S. Anna e S. Giacomo colla Vergine, l’altro di S. Francesco d’Assisi in romitagio, l’altro di S. Agata, l’altro di Gesù alla colonna con un giudeo in atto di flagellazione e l’altro della Vergine col Bambino nel petto.
Un altro della Vergine Addolorata, alto palmi tre circa, con cornice indorata in dentro e fuori e nera in mezzo.
Un altro con la pittura d’un personaggio seduto ossia coricato con una donna in piedi, con boscaglia.
Nella camera appresso sopra al portone
Un quadro bislungo di palmi otto circa coll’istoria de’ tre Maggi con la cornice nera e sei fioretti indorati.
Un altro dell’Immacolata Concezione, lungo palmi cinque circa colla cornice indorata ed intagliata.
Un altro di S. Maria Maddalena alto palmi cinque circa colla cornice indorata.
Un altro della Vergine col Bambino nelle fasce, di palmi quattro circa d’altezza e colla cornice indorata e intagliata.
Altro quadro della Madonna colla faccia grande, corona nel capo, col manto, col ritratto di Gesù in atto di benedire, colla cornice indorata da dentro e fuori e nera nel mezzo, dell’altezza di palmi quattro circa.
Altro quadro con Gesù flagellato alla colonna, caduto in terra, della lunghezza di palmi due e mezzo circa, colla cornice indorata ed imbrunita nel mezzo e nera nell’estremità.
Un altro quadro della Vergine Monferrato di palmi sette circa di altezza.
Un quadretto della testa di S. Rosa con sua cornice d’intaglio antico indorata.
Un altro con pittura da Faenza, alto palmi due circa colla cornice nera e parte intagliata.
Il ritratto di Padre Giuseppe della Croce Alcanterino con due bacchette nere.
Il ritratto di Padre Cacciottoli.
Nella camera di basso
Due quadri grandi di palmi otto di lunghezza ed un altro di palmi cinque.
Inventario dei beni del defunto conte don Ferdinando De Notaristefani.
1870 novembre 24, Taranto
ASTA, Notaio MANNARINI GABRIELE, anno 1870, scheda 393, cc. 266r-289r
Morto il conte Ferdinando De Notaristefani, a richiesta della vedova Caterina Pantaleo e a tutela degli interessi dei figli minori Giovanni, Gennaro, Irene, Teresa e Maria Catalda viene dettagliatamente valutato il patrimonio immobiliare del defunto, alla presenza di numerosi periti: diverse masserie in territorio di Taranto e Massafra, giardini, botteghe e case, minutamente descritte oltre al palazzo "in Taranto alla strada Maggiore, segnato col numero 228, isolato da tre lati corrispondenti alla strada Maggiore, vico De Notaristefani e vico Luccarelli e da un solo lato confinante col soppresso convento de' padri Domenicani di Taranto, oggi Tribunale civile di Taranto"