Un salto all’indietro di quasi vent’anni
A poche settimane dalla caduta del Regno d’Italia, la Prefettura generale degli archivi nazionali lasciò il posto alla restaurata Direzione generale degli archivi di deposito governativi di Lombardia, ufficio soppresso nel 1796. Il prefetto Bossi fu licenziato, mentre l’archivista Daverio si recò in volontario esilio a Zurigo. Alla guida degli archivi lombardi fu richiamata una vecchia conoscenza come Bartolomeo Sambrunico, rientrato in servizio a distanza di quasi quindici anni dall’ultimo impiego, al quale fu affiancato Luca Peroni. I due archivisti si sarebbero dovuti occupare in particolare di porre mano ai numerosi archivi lasciati in eredità dagli organi centrali dell’ex Regno d’Italia, che si intendeva concentrare in San Fedele (39).
Le operazioni di riorganizzazione della documentazione si scontrarono tuttavia con l’ormai cronica carenza di spazio di cui soffriva l’istituto, problema che le autorità austriache non seppero risolvere, tanto che il primo ampliamento dell’edificio, di cui si iniziò a parlare insistentemente sin dai primi anni del Regno lombardo-veneto, negli anni Trenta del secolo era ancora nella sua fase progettuale, per giungere ai primi risultati parziali solo all’inizio del decennio seguente (41). Molti degli archivi napoleonici destinati a essere concentrati nell’Archivio governativo continuarono dunque a risiedere per decenni nelle diverse sedi sparse per la città, alcune delle quali ancora attive al momento dell’Unità.
Il temporaneo ritorno di San Fedele alla sua natura di Archivio segreto
Mentre si faceva tanto parlare della concentrazione degli archivi napoleonici disseminati per Milano, per la collezione diplomatica costituita con tanta fatica in seno all’Archivio nazionale si stabilì la soluzione opposta. La scelta di creare un piccolo Archivio diplomatico nell’ex canonica di San Bartolomeo, affidandone le cure al nobile Luigi Settala, fu dettata non tanto da problemi di spazio, ma da considerazioni di natura politica. Da più parti, a cominciare dagli stessi Peroni e Sambrunico, in molti guardavano con preoccupazione alla commistione tra funzioni “politico amministrative” ed “erudite” tanto cara all’archivista Daverio. San Fedele doveva tornare alla sua antica natura di Archivio “segreto”, da conservare gelosamente per rispondere ai soli interessi regi e governativi e non certo per sfamare la «brama dei letterati» (40).
Si chiudeva dunque il primo timido tentativo di trasformare l’Archivio di San Fedele in un “laboratorio per la storia”, con un progetto che sarebbe stato riproposto, più concretamente, a partire dagli anni Cinquanta dell’Ottocento e che si sarebbe affermato compiutamente nei primi decenni postunitari, grazie soprattutto alle direzioni di Luigi Osio (1851-1873) e Cesare Cantù (1873-1895). Al rientro del Diplomatico in San Fedele, realizzato da Osio nella prima fase del suo mandato, seguirono il cambio di denominazione da Archivio governativo ad Archivio di Stato, ufficializzato a circa un decennio dall’Unità, e il trasferimento definitivo in una nuova e più spaziosa sede, l’ex Collegio elvetico di Milano, anche denominato Palazzo del Senato, conclusosi nel 1886.
Da allora l’istituto svolge quella duplice funzione, amministrativa e culturale, in difesa della quale oltre due secoli or sono si batterono strenuamente il prefetto generale degli archivi nazionali Luigi Bossi e soprattutto il suo fidato collaboratore Michele Daverio, opponendosi a quanti volevano riservare questo o quel documento all’uno o all’altro scopo.
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39. La fine di un Regno e la difficile eredità dei suoi archivi
Milano, 16 febbraio 1819
ASMi, Atti di governo, Uffici e tribunali regi, Parte moderna, b. 314
Rapporto dell’archivista Luca Peroni al Governo di Lombardia sulla situazione degli archivi degli organi centrali dell’ex Regno d’Italia, con allegato l’Elenco degli archivi di governo separati dall’Archivio generale di governo in S. Fedele, altri dipendenti direttamente, ed altri indipendenti dall’Imperial Regia Direzione [degli archivi]
La rete di archivi presenti a Milano e in altre città era talmente intricata che lo stesso archivista Luca Peroni, intervenuto in sostituzione di Sambrunico, impiegò diversi mesi per giungere a un quadro più chiaro della situazione, dovendolo peraltro aggiornare più volte negli anni a seguire, quando fu definito il destino di altri archivi inizialmente non sottoposti al controllo della Direzione generale.
40. Al lavoro per il nuovo Archivio diplomatico
[1816]
ASMi, Genio civile, b. 3382, Progetto per l’allestimento dei locali da destinare all’Archivio Diplomatico, [1816]
Disegni allegati al progetto per l’allestimento del locale da destinare all’Archivio diplomatico all’interno dell’ex canonica di San Bartolomeo.
41. Un cantiere senza fine
Milano, 20 agosto 1817 e
Vienna, 7 febbraio 1833
ASMi, Atti di governo, Uffici e tribunali regi, Parte moderna, b. 314 e b. 319
Disegni allegati a due successivi progetti per l’ampliamento dell’Archivio di San Fedele.
Il primo progetto, elaborato dall’architetto milanese Pietro Pestagalli, prevedeva sin dal 1817 l’innalzamento di un nuovo piano al di sopra delle aule già occupate dall’Archivio, opera che sarebbe stata completata solo nel 1842.
Ancora negli anni Trenta, da Vienna giunsero importanti correttivi ai progetti ipotizzati dai tecnici milanesi, come si può apprezzare dall’Ortografia (prospetto) di quella che avrebbe dovuto essere la facciata di ingresso dell’Imperial Regio Archivio generale di Milano.