Anna Maria Luisa de’ Medici (1667-1743)
print this pageAnna Maria Luisa nacque nel 1667, terza figlia del Granduca Cosimo III di Toscana e della Principessa Marguerite-Louise d’Orléans e ultima rappresentante della illustre casata fiorentina.
La madre, Marguerite-Louise, donna dal carattere irrequieto e che non si riuscì mai ad integrarsi nella corte fiorentina, abbandonò Toscana nel 1675 per tornare in Francia. Anna Maria Luisa non rivide mai più la madre e fu cresciuta dalla nonna paterna, la granduchessa Vittoria della Rovere. Negli anni, Maria Luisa costruì con il padre un legame profondo, tanto da spingere Cosimo III a trasferire i diritti di successione alla linea femminile da lei rappresentata e a designarla quale erede del fratello Gian Gastone, una volta chiaro che la linea maschile della famiglia Medici si sarebbe estinta.
Nel 1691 Anna Maria Luisa divenne la seconda moglie di Giovanni Carlo Guglielmo I, Principe Elettore del Palatinato conseguendo quindi il titolo di Elettrice Palatina nel 1691. Il matrimonio fu felice e basato sulle affinità che univano la coppia: l’amore per le arti e la musica.
Alla morte del marito (1716) fece ritorno a Firenze, ma rifiutò la posizione di Reggente, e la sovranità del Granducato venne assunta da Francesco I di Lorena nel 1737.
Anna Maria Luisa contunò a vivere nei suoi appartamenti di Pitti portando avanti le passioni di famiglia: collezionò opere d’arte e assegnò committenze agli artisti dell’epoca.
Il fatto notevole per il quale viene ricordata fu la decisione di sottoscrivere il cosiddetto Patto di Famiglia. Anna Maria Luisa elaborò infatti una convenzione con Francesco Stefano di Lorena, firmata il 31 ottobre 1737, secondo la quale le opere d’arte raccolte dai Medici venivano consegnate al nuovo Granduca a condizione che rimanessero vincolate per sempre alla città di Firenze e allo Stato di Toscana («a condizione espressa che di quello che è per ornamento dello Stato, per utilità del pubblico e per attirare la curiosità dei Forestieri, non ne sarà nulla trasportato e levato fuori dalla Capitale e dello Stato del Gran Ducato»). A lei dobbiamo che Firenze abbia conservato, pressochè immutata, la gran parte del proprio patrimonio artistico, storico e culturale.